Cosa guardo..
diciamo che taglio tutta quella che è televisione sapzzatura, ovvero il 90% dei palinsesti attuali..credo che rivivere le emozioni di storie realmente accadute sia una forte lezione di vita, per questo motivo trovo i fil tratti da storie vere altamente istruttivi ed emozionanti, ecco alcuni titoli che secondo me vale proprio la pena di masticare e ri-masticare..
diciamo che taglio tutta quella che è televisione sapzzatura, ovvero il 90% dei palinsesti attuali..credo che rivivere le emozioni di storie realmente accadute sia una forte lezione di vita, per questo motivo trovo i fil tratti da storie vere altamente istruttivi ed emozionanti, ecco alcuni titoli che secondo me vale proprio la pena di masticare e ri-masticare..
- The Shawshank Redemption - Le Ali della libertà
- La vita è bella
- Tempi Moderni
- C'era una volta in america
- Il padrino
- Il Gladiatore
- Il pianista
- Forrest Gump
- JFK
- Toro Scatenato
- Beautiful Mind
- Quarto Potere
- Amarcord
- Schindler's List
- 8 1/2
- La grande guerra
- Il Cacciatore
- Indipendence Day
- Taxi Driver
- Philadelphia
- Cast Away
- Midnight Express - Fuga di mezzanotte
- Miracle on Ice - il Miracolo
- Remember the Titans - il sapore della vittoria
- Men of honor - Uomini d'onore
- L'attimo fuggente
- ET - L'extra terrestre
- Patch Adams
- Apollo 13
- I Goonies
- Mad Max
- Blade Runner
- Balla coi Lupi
- Alive - Sopravissuti
- Quei bravi ragazzi
- American Graffiti
- Gioventù Bruciata
- Full Metal Jacket
- Il Bar dello Sport
- Arancia Meccanica
- Scarface
- Bronx
- Il signore degli Anelli
- Romanzo Criminale
e tanti altri....
Il numero 1:
Le ali della libertà (The Shawshank Redemption) è un film del 1994 diretto da Frank Darabont, con Tim Robbins e Morgan Freeman, tratto dal racconto di Stephen King Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank, pubblicato nella raccolta Stagioni diverse. Il film è al primo posto nella classifica Top 250 di Internet Movie Database.
L'AFI lo ha inserito al settantaduesimo posto nella lista dei cento migliori film americani di tutti i tempi.
La vicenda è narrata secondo la visione in soggettiva dell'io narrante, in senso alternato rispetto ai diversi co-protagonisti, fra cui il mite bancario Dufresne (Tim Robbins), il detenuto di colore soprannominato Red (impersonato dall'attore Morgan Freeman, qui in una ulteriore prova di bravura recitativa), il detenuto-bibliotecario Brooks (impersonato da un ottimo e ormai anziano James Whitmore).
Nel suo progredire,
la pellicola riesce a restituire il senso di una comunità particolare e
di come possa nascere in un luogo estremamente duro la speranza, un
sentimento pericoloso, quando non si trasformi in illusione,
sicuramente non convenzionale se rapportato ad un ambiente come quello
di un penitenziario per condanne a vita.
Il film è sotto
questo aspetto una sorta di apologia del riscatto (sociale e,
soprattutto, morale) di coloro che sono condannati a lunghissime pene
detentive, e del loro desiderio di rivalsa e ribellione contro ogni
genere di sopruso (e il titolo del racconto originale di King da cui il film è tratto, che parla esplicitamente di redenzione, è assai esplicativo in questo senso).
Nel tempestoso - e per molti versi imprevedibile - sottofinale e
finale, gli eventi precipitano, ponendo al loro posto i giusti pezzi del
puzzle esistenziale-filosofico della vicenda. E nella morale finale del film, ci si potrebbe chiedere: sogno come evasione o evasione come sogno?
Un altro tema che il film intende riprendere è quello dell'apparenza e su come questa può trarre in inganno.
Si pensi, prima di tutto, a come si è formato il giudizio di
colpevolezza su Andy, basato su elementi che apparentemente ne provavano
univocamente la colpevolezza.
Darabont riprende l'errore di partenza e lo ripropone in tante
situazioni nel corso della sceneggiatura. Si pensi ad esempio alla scena
della mensa, in cui il vecchio Brooks chiede ad Andy di dargli il verme
che questi aveva trovato nel piatto; in un primo momento lo spettatore
pensa che Brooks voglia mangiare il verme, ma immediatamente dopo si
scopre che il verme è per il suo piccolo uccello.
Un altro momento in cui Darabont gioca con l'apparenza è il momento
della fuga di Red dalla città: in una scena si vede Red guardare con
interesse una vetrina con delle pistole; lo spettatore in questo caso è
indotto a pensare che Red voglia ritornare in galera ricompiendo un
altro delitto, ma anche qui l'impressione dello spettatore è solo
fondata sull'apparenza: Red entra nel negozio per comprare una bussola.
L'apparenza nel film
non è ripresa solo come elemento che può trarre in inganno chiunque
(carcerati, giudici, lo stesso Andy), dalla sceneggiatura sorge anche l'apparenza come copertura. In
quest'ottica si può vedere, innanzitutto, la sequenza di presentazione
dell'istituto carcerario in cui Andy viene rinchiuso: la sequenza di
macchina inizia con un primo piano della facciata del carcere, facciata
che, a un primo sguardo non sembra un carcere, ma un comune palazzo di
fine 800, dopodiché la macchina sale in veduta aerea e nella salita si
rivelano gradualmente dietro la facciata gli elementi dell'istituzione
carceraria (campo per i detenuti, guardie, rete, filo spinato...). Si può dire che il carcere di Shawshank si presenta come un'allegoria delle apparenze.
Sempre in questo senso, si pensi a come viene celata la cassaforte in
cui sono custoditi i conti segreti del direttore, essa è nascosta dietro
un ricamo riportante una citazione dalla bibbia.
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